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Giornata Degasperiana in Giudicarie

Presso la Casa della Comunità si è tenuto l'incontro "Uscire dall'euro? Uscire dall'Europa? I pro e i contro" - Incontri con gli studenti del "Guetti" e con i giovani.

Si è tenuta a Tione la “Giornata Degasperiana 2013” organizzata dalla Fondazione Trentina Alcide De Gasperi con il Patrocinio della Comunità delle Giudicarie. Un'occasione per approfondire i temi della cittadinanza e dell’Europa, con l’intento di valorizzare la memoria dello statista trentino.
L’iniziativa si è articolata in alcuni momenti mirati: al mattino, un incontro all'Istituto Guetti di Tione rivolto in particolare agli studenti ha avuto come tema “Il diritto ad avere diritti, la storia e le forme della cittadinanza”; al pomeriggio, un incontro dedicato in particolare ai giovani, presso il Municipio di Carisolo dove si è parlato di “ politica di De Gasperi e politica oggi”; la sera, l'incontro rivolto a tutta la popolazione presso la Sala Sette Pievi della Casa della Comunità delle Giudicarie che ha affrontato il tema “Uscire dall’euro? Uscire dall’Europa? I pro e i contro”.

«Ospitare la giornata degasperiana in Giudicarie vuole essere un ulteriore segno dell'impegno e della responsabilità che deve muovere anche gli amministratori locali rispetto alla valorizzazione dell'autonomia quale responsabilità e non quale presunto privilegio» ha aperto i lavori la Presidente della Comunità delle Giudicarie Patrizia Ballardini. «Partendo da Alcide Degasperi, abbiamo l'occasione di immergerci nel contesto attuale e prospettico, riletto a partire dalla figura di questo eminente statista definito “uomo venuto dal futuro”, per la visione e la lungimiranza del suo pensiero».

Una figura, che caratterizzò la scena politica italiana ed europea nei primi 50 anni del Novecento, tratteggiata dal prof. Beppe Zorzi direttore della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi.

Dopo aver frequentato l'università a Vienna, nella città capitale dell’Impero, Degasperi sedette sui banchi del Parlamento in rappresentanza del Trentino per poi trasferirsi a Roma, dove svolse l'attività di parlamentare dopo la I Guerra mondiale; la sua opposizione ferma al totalitarismo fascista gli costò il carcere e l’isolamento, che lo tennero lontano per un periodo dalla scena politica ma non gli impedirono di contribuire ad organizzare,prima clandestinamente, poi pubblicamente, la rinascita democratica del nostro paese nel II dopoguerra, quando svolse i suoi incarichi di governo nel periodo della ricostruzione e promosse i primi e lungimiranti progetti di integrazione europea, di "un'Europa unita nella pace", “allo scopo di salvaguardare e promuovere gli ideali ed i principi che sono loro patrimonio comune e di favorirne il progresso economico e sociale".

Quindi grazie al prof. Gianni Bonvicini, vicepresidente vicario dell'Istituto Affari Internazionali di Roma, al prof. Marco Brunazzo dell'Università di Trento e direttore del Centro Jean Monnet e al coordinamento di Zorzi, un incontro vivace, in un alternato colloquio sull'Europa e sul suo essere al centro della vita di tutti gli Stati che la costituiscono come unità economica, ma ancora priva della sua più che necessaria unità politica. Una visione di oltre mezzo secolo che ha spaziato dettagliatamente in quegli elementi che dovrebbero costituire l'assetto portante dei comuni intenti di intere popolazioni e di intere nazioni, ma minati da incertezze e titubanze - sia al centro che in ogni singolo Stato - che stanno impedendo di raggiungere le alte finalità sociali che sono e restano alla base dell'unificazione percepita ed attuata da personalità come Degasperi, Adenauer e Shumann.

Una “lezione” approfondita, esposta con rara franchezza e duttile comunicativa che ha arricchito il pubblico presente in sala e aiutato a capire la non facile situazione della crisi economica e politica che stiamo attraversando.
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Giornata Degaperiana: “Uscire dall’euro? Uscire dall’Europa? I pro e i contro”
Gli interventi di Gianni Bonvicini e Marco Brunazzo in pillole

Ma qual è lo scenario che si potrebbe creare se l'Italia uscisse dall'Europa? Sarebbe un dramma internazionale, non solo europeo, si andrebbe incontro ad una crisi del mondo occidentale. Il trattato di Lisbona non prevede che uno stato membro possa uscire dall'euro, ma prevede che possa uscire dall'Unione europea. L'uscita di uno stato creerebbe dei contenziosi tra chi esce e chi rimane, significherebbe grandi perdite di operatori economici che hanno investito in titoli di quel paese. La moneta verrebbe svalutata fortemente creando seri problemi a chi deve pagare in euro e renderebbe molto oneroso l'approvvigionamento di materie prime...Un incubo da evitare.

Ma se da una parte non è possibile uscire dall'euro è evidente la mancanza di una politica economica comune e la debolezza dell'Unione europea. Essere all'interno dell'Unione europea è come essere all'interno di un club. L'euro ha reso evidente come a fianco dei benefici ci siano anche dei costi. I dubbi sull'euro sono nati fin dall'inizio, quando si è deciso e voluto fare una moneta senza stato, senza politiche economiche comuni e senza regole comuni. L'Europa ha deciso che per tenere in piedi la moneta bisognasse seguire dei criteri che si sono manifestati insufficienti e inadatti. Il rischio dell'Unione europea con le politiche imposte è quello di “morire di austerità”. Ma sono gli stati membri che hanno accettato e sottoscritto queste politiche. «È l'Italia che ha detto sì alla riforma dei trattato, é l'Italia che ha firmato il meccanismo di stabilità. Se parliamo di unione europea, dobbiamo renderci conto che ne facciamo parte, che abbiamo delle responsabilità». Nondimeno ci si deve interrogare «perché l'Italia abbia perso la sua voce in capitolo» e mentre falliscono 3 imprese all'ora, «non possa fare degli investimenti, perché ha perso la sua voce in capitolo, di fronte ad una Germania molto forte». Debolezza condivisa dall'Italia con altri paesi europei e che è emersa in tutta la sua drammaticità con il perdurare della crisi economica globale.

Ma perchè l'Italia ha risentito più di altri paesi della crisi? La crisi ha indotto l'Europa a fare un trattato intergovernativo che è fuori da quello di Lisbona. L'Italia ha partecipato a queste decisioni, individuando dei criteri che avevano il senso di proporre ai paesi membri di cercare di renderli competitivi e che auspicavano delle riforme strutturali. Queste riforme dovevano renderci più competitivi, ma in Italia non sono state fatte e quindi si è perso l'unico modo di salvarsi, che era quello di migliorare la competitività.... Il governo poteva fare delle grandi scelte mentre ha optato per misure scellerate. Non si possono fare tagli nella ricerca, nella formazione e nell'istruzione e pensare di avere un futuro.

E la Grecia? I politici che hanno guidato la Grecia hanno delle grandi responsabilità. Hanno truccato le carte, hanno "barato" esponendo i propri cittadini a dei grossi rischi. Quando ci si è accorti che i numeri della Grecia non corrispondevano alla realtà si è innescato il fallimento dello stato a cui abbiamo assistito e che l'Europa ha cercato di evitare.

Ma dove ha sbagliato Bruxelles? L'Europa non ha fatto i controlli che doveva fare e ha dimostrato la sua debolezza alle prime avvisaglie di crisi. Un'Europa dove il presidente della commissione non ha una capacità decisionale, dove vale la politica dei più forti e la Germania gioca il ruolo dominante.

E gli stati membri? Sulla responsabilità degli stati membri non vi è dubbio: vi è stata una grande complicità dei paesi europei nel nascondere i problemi dei singoli stati. Un esempio: nel 2010 l'unico paese dove è aumentata la spesa per la difesa è stata quella della Grecia, che ha acquistato armamenti dalla Germania.

Come se ne esce? Il fiscal compact, il patto di bilancio europeo, è stato firmato da persone che sanno fare i conti, ma ci si è resi subito conto subito che non era sostenibile. E' evidente che il mito del vincolo esterno non funziona. Noi dovremmo fare un negoziato per "diluire" i vincoli che ci hanno imposto. Bisogna chiedere la declassificazione di alcune spese che non devono essere considerate nel debito e soprattutto creare delle coalizioni tra stati che abbiano gli stessi obiettivi, trovare le coalizioni per riuscire a pesare. Inoltre bisognerebbe avere una commissione autorevole che capisca che andando avanti così si va a finire male...

Infine, perché è così difficile comunicare ai cittadini europei cos'è l'Europa? Gli italiani sono stati i maggiori sostenitori dell'unione europea, ma allo stesso tempo erano quelli che ne sapevano di meno. L'Europa è un sistema complicato con 28 sistemi politici, 28 sistemi di governo, con un complicato sistema decisionale. Per riuscire a comunicare bisogna fare propria la lezione di Degasperi che invitava ad investire sui giovani. In televisione non si parla di Europa, anche quando ci sono le elezioni europee se ne parla poco e male . Bisogna finire di considerare l'Europa come un capro espiatorio e iniziare a capire di esserne parte. L'Europa siamo noi.

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